Dedico questo mese di marzo a tutte le donne, e scopriremo insieme una scrittrice al giorno: iniziamo da Pearl Buck che vinse il Nobel per la Letteratura nel 1938.
Diretta a Stoccolma, dove la settimana successiva avrebbe ricevuto il premio Nobel per la Letteratura, nei primi giorni di dicembre del 1938 Pearl S. Buck arrivò a Londra. La stampa inglese diede ampio spazio alla notizia: la scrittrice statunitense più famosa era in città.
La critica aveva accolto con entusiasmo le sue opere già a partire dal suo secondo libro, La buona terra, che aveva vinto il Pulitzer nel 1932. E in meno di dieci anni Pearl Buck era diventata celebre negli Stati Uniti, e nel mondo, anche grazie all’immenso successo commerciale dei suoi libri.
Le sue opere più note erano ambientate in Cina, il paese in cui era cresciuta, figlia di missionari presbiteriani mossi dal desiderio di convertire e “civilizzare” milioni di pagani assoggettati al Celeste Impero. In cinque romanzi pubblicati tra il 1931 e il 1937, Buck aveva descritto i conflitti e le speranze della Cina di inizio Novecento, una nazione erede di una tradizione culturale raffinatissima eppure incerta davanti alle sfide, e alle minacce, della modernità tecnologica occidentale. In poco più di cinque anni la scrittrice passò dall’anonimato alla popolarità internazionale. La buona terra rimase il libro più venduto negli Stati Uniti per due anni consecutivi, e venne immediatamente pubblicato in numerose lingue straniere (oggi se ne conoscono quasi cento traduzioni). Nella scia di quel successo, il nome di Buck aveva raggiunto i vertici delle classifiche di vendita con tutte le altre opere pubblicate prima del comunicato che annunciava la decisione dell’Accademia di Svezia.
Quella che arrivava in Europa nell’autunno del 1938 era una donna celebre e autorevole, che non solo si era imposta come una delle voci più importanti della nuova narrativa americana, ma aveva anche preso posizione in numerose occasioni contro le contraddizioni della democrazia statunitense e le loro manifestazioni più insidiose: il razzismo e il culto del profitto.
Dopo aver lasciato la Cina all’inizio degli anni Trenta per trasferirsi a New York, Buck non aveva esitato ad attaccare l’ipocrisia degli Stati Uniti, una nazione incapace di mettere in pratica proprio i principi democratici su cui basava la propria identità politica. I suoi articoli, pubblicati sulle pagine autorevoli del New York Times, o su riviste a grande diffusione come Vanity Fair, rivelano una figura intellettuale di grande lucidità, convinta della centralità della letteratura come strumento di azione politica.
In occasione del viaggio a Stoccolma, la Germania rivolse a Buck l’invito per una visita ufficiale. La scrittrice preferì recarsi in Danimarca, dove l’attacco tedesco era ritenuto imminente. E dichiarò: «Non voglio trovarmi in un paese in cui non mi viene permesso di pensare e parlare liberamente come accade invece qui. Sono un’individualista e una democratica».
Nei giorni successivi i commentatori diedero risalto alla determinazione con cui una delle donne più famose d’America aveva polemicamente rifiutato ogni tipo di contatto con il nazismo.
Proprio negli aggettivi “individualista” e “democratica” possiamo rintracciare molte delle ragioni che hanno sancito la scomparsa della scrittrice dalla storia letteraria del Novecento.
Dopo la vittoria comunista e la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, la figura di Buck venne ripudiata anche dagli intellettuali cinesi, l’individualismo dei suoi eroi e la descrizione della proprietà privata come valore, erano però incompatibili con i valori comunisti: Buck venne considerata una nemica della rivoluzione e fino alla morte le fu impedito di tornare in Cina.
Non appena un nuovo titolo di Pearl S. Buck compariva negli Stati Uniti, la casa editrice Mondadori lo traduceva per il mercato italiano nella «Medusa», la collana che a partire dai primi anni Trenta, nell’atmosfera culturale autarchica e stagnante del Ventennio, ebbe il merito di proporre ai lettori italiani la grande narrativa straniera. Quasi ogni anno, tra il 1933 e il 1941, nella Medusa venne pubblicato un libro di Buck, e ogni nuovo titolo confermò l’entusiasmo del pubblico per le sue opere.
La serie delle traduzioni immediate dei romanzi di Buck in italiano si interruppe con Stirpe di drago, l’undicesimo romanzo, pubblicato in inglese all’inizio del 1942, poche settimane dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor e l’entrata in guerra degli Stati Uniti. Il romanzo sarebbe arrivato in Italia solo dopo la fine del conflitto, nel 1947. Il romanzo raggiunse i primi posti delle classifiche di vendita e meritò anche il plauso di molti recensori, oltre a un film del 1944 con un’improbabile Katherine Hepburn dagli occhi a mandorla.
fonte: oscarmondadori.it