Giornalista italiana e corrispondente di guerra, si è guadagnata lo status di icona internazionale per la sua scrittura appassionata, spesso senza mezzi termini, e per le sue interviste approfondite con figure mondiali di spicco come Henry Kissinger, Indira Gandhi e lo scià dell’Ayatollah Khomeini.
Nata a Firenze nel 1929 ebbe una vita straordinaria, di cui i più giovani sanno pochissimo e quel che sanno è per via delle cose che scrisse e disse negli ultimi dieci anni della sua vita – dall’11 settembre 2001 in poi – e che furono oggetto di critiche e polemiche, ma era stata moltissimo altro.
Inventò un modo tutto suo di scrivere e intervistare, fu una delle prime donne a farsi strada in un mondo che fino ad allora alle donne sembrava precluso, ebbe posizioni radicali, fu molto poco politically correct e per questo divenne oggetto di attacchi e pesanti contestazioni (da cui seppe difendersi con energia). A un certo punto della sua vita diventò un personaggio, a prescindere dalle storie che raccontava e che aveva raccontato: fotografata e intervistata dai più importanti giornali internazionali, con i suoi occhialoni, le sigarette, i suoi cappelli e il suo pessimo carattere.
L’immagine che dava al mondo era quella di una donna severa, dall’apparenza quasi militaresca. Il suo modo di vestire e i capelli pettinati sempre nello stesso modo, come se indossasse sempre un’uniforme. Con severità rifiutò molte comodità portate dalla tecnologia nel tempo; per esempio il computer. Non ne ebbe mai uno. Lavorò tutta la vita con la stessa Olivetti: la stessa macchina da scrivere di quando era corrispondente di guerra in Vietnam “Se non sento battere i tasti, le parole non mi arrivano- i pensieri non arrivano”.
Il giornalismo italiano non sarebbe stato lo stesso senza la sua imponente presenza. Oriana Fallaci ha dedicato tutta la sua vita al giornalismo d’inchiesta e ha raccontato nei suoi romanzi la cultura del mondo occidentale e quello orientale. I suoi reportages, con le interviste fatte ai grandi nomi della politica in territori afflitti da guerre civili, hanno raccontato, in maniera lucida e dettagliata, alcuni dei momenti salienti di storia contemporanea. Al centro dei suoi pensieri sempre la figura della donna e la sua condizione nei paesi che visitava. Romanzi come Il sesso inutile, Intervista con la storia, Lettera a un bambino mai nato e La rabbia e l’orgoglio hanno trasformato per sempre la coscienza degli italiani e l’hanno portata a una sensibilità più viva verso i temi a volte troppo sottovalutati dal giornalismo.
LA RESISTENZA PARTIGIANA
Dopo la caduta del regime fascista, nel luglio del 1943, suo padre entrò
nella Resistenza e portò con sé la figlia che aveva 14 anni. Con la sua
bicicletta e il nome di battaglia “Emilia”, Oriana Fallaci affiancò il padre in
varie operazioni, fece da staffetta consegnando ai compagni partigiani armi,
giornali clandestini e messaggi e accompagnando i prigionieri inglesi e
americani fuggiti dai campi di concentramento italiani dopo l’8 settembre verso
le linee degli Alleati.
ANDARE
ALLA GUERRA
Il 1967 e il 1968 furono gli anni più importanti per la carriera di
Oriana Fallaci. Chiese e ottenne di essere inviata in Vietnam e fu l’unica
giornalista italiana presente al fronte. Tornò più volte fino alla fine del
conflitto, nel 1975, raccontando la vita quotidiana a Saigon, i bombardamenti,
gli interrogatori dei prigionieri, le rappresaglie e realizzando molte
interviste esclusive e reportage comprati e tradotti da importanti giornali
internazionali. Dalla guerra in Vietnam nacque il libro “Niente e così sia”
(1969). Nel 1968 era a Città del Messico alla vigilia delle Olimpiadi e restò
ferita gravemente da un colpo di pistola nella repressione di una
manifestazione studentesca di protesta (la credettero morta, poi dall’obitorio
la trasferirono in ospedale).
LA TECNICA con cui Oriana Fallaci conduceva le interviste era per l’epoca molto innovativa e la resero nota e apprezzata in tutto il mondo. In molti l’hanno paragonata a quella di un vero e proprio interrogatorio; le domande venivano preparate e studiate a tavolino nei minimi dettagli, registrate, e poi scritte e riscritte più volte, smontate e poi rimontate. Erano lontane – e per questo criticate da alcuni – dal cosiddetto giornalismo oggettivo e sempre filtrate dalle proprie posizioni e ideologie («Per esser buona un’intervista deve infilarsi, affondarsi, nel cuore dell’intervistato», dirà nel 2004 in “Oriana Fallaci intervista sé stessa – L’Apocalisse”). Ventisei di queste interviste furono raccolte nel 1974 in “Intervista con la storia”, edito da Rizzoli, diventato a quel punto il suo editore di riferimento.
Mori di cancro a Firenze, la malattia la portò a un lento ritiro dalla scena, spegnendola poco a poco. Dopo un improvviso peggioramento delle sue condizioni di salute, muore il 15 settembre 2006, a 77 anni.