Anne Tyler ha la capacità di entrare nella psicologia degli uomini e di rappresentarla in modo sofisticato. Ha vinto un’infinità di premi, a cominciare dal Pulitzer, il più prestigioso. E da un suo libro è stato tratto il film «Turista per caso» che nel 1988 ha regalato l’Oscar alla protagonista Geena Davis.
Scrittrice statunitense, nata a Minneapolis (Minnesota) il 25 ottobre 1941. Dopo aver trascorso l’infanzia in comunità quacchere del North Carolina, studiò presso la Columbia University specializzandosi in letteratura russa. Per alcuni anni lavorò come bibliotecaria, ma nel 1967 decise di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Si trasferì nello stesso anno a Baltimora, nel Maryland, dove stabilì la sua residenza.
Custode gelosa della propria privacy, ha scelto una vita ritirata, lontana dalla seduzione dei salotti letterari e delle interviste giornalistiche.
Nel 1989 ha vinto il premio Pulitzer per Breathing lessons (1988; trad. it. Lezioni di respiro, 1990). La Tyler si è conquistata la fama di abile narratrice con alcuni romanzi ambientati nelle città del Sud degli Stati Uniti: località minuscole, racchiuse nella loro angustia, dominate da una povertà sia materiale sia spirituale devastante. Se gli Stati Uniti sono una terra di contrasti, la Tyler è la scrittrice della gente in cui ci si imbatte tutti i giorni, persone comuni, a volte eccentriche, ma, in fondo, profondamente familiari.
Anne Tyler è difatti famosa per il suo «stile non stile» e per la grande attenzione che dedica, più che alla trama, ai personaggi e ai dettagli – tutte caratteristiche che la collocano in quella parte della letteratura chiamata realista (tra i suoi grandi ammiratori troviamo sia John Updike che Nick Hornby)
Una cura quasi maniacale dei dettagli, ed ha una dote ineguagliabile: sa descrivere la quotidiana normalità di noi uomini e donne, coglie le nostre debolezze, le nostre paure, le nostre idiosincrasie e le nostre gioie con una sensibilità fuori dall’ordinario, poi con delicatezza e sottile ironia le trasferisce in storie che ci sono vicine e familiari, sono le nostre storie, le nostre parole, i nostri dialoghi, i nostri piccoli e fastidiosi conflitti.
«I miei romanzi non sono ispirati alle esperienze che mi hanno accompagnato. È noioso rivivere i passaggi della propria esistenza e narrarli. Preferisco avere un’altra vita, quella dei miei personaggi». Anne Tyler conserva una scatola sul tavolo di lavoro e vi archivia foglietti con parole, idee, dialoghi, note. «Magari rimangono lì per anni. Fino a che ne prendo uno e comincio». Allora scrive a mano, finisce il romanzo e lo batte al computer, lo ricopia ancora a mano e lo registra «per ascoltare se funziona e correggerlo», la versione finale va di nuovo a video. «Un procedimento complesso che interrompo solo quando sono soddisfatta».
Nei romanzi di Anne Tyler siamo sicuri di trovare almeno due cose: una famiglia e la città di Baltimora, dalla quale l’autrice è stata adottata oltre cinquanta anni fa e che, nella sua scrittura, è diventata un vero e proprio personaggio, l’unico che ritorna puntuale in ogni storia – e non è un caso che alcuni suoi concittadini si siano inventati un «Anne Tyler Tour».
I LIBRI
Il protagonista di Morgan’s passing (1980; trad. it. La moglie dell’attore, 1996) è un manager il cui vizio consiste nel cambiare identità ogni qualvolta cambia vestito. Dinner at the Homesick restaurant (1982; trad. it. Ristorante Nostalgia, 1984), accolto con pareri favorevoli dalla critica, è considerato forse il suo romanzo migliore. Il matrimonio, l’amore, i rimpianti costituiscono i temi di Breathing lessons (Lezioni di respiro) in cui i due protagonisti, sposati da ventotto anni, fanno un bilancio della loro vita in comune: dal matrimonio sbagliato al legame forte che tuttavia li unisce. Ancora il ritratto di una donna, questa volta cinquantenne, appare in Back when we were grownups (2001; trad. it. Quando eravamo grandi, 2001). Scrittrice di talento, portata a creare un vasto numero di personaggi i quali entrano a far parte di composizioni corali, la T. possiede una narrativa che rischia di creare nel lettore un senso di noia, sempre però riscattato da folgoranti soluzioni narrative.