Una donna che è stata uno dei più importanti esponenti del Modernismo, una scrittrice capace di emozionare il pubblico con i suoi racconti
Per diventare Katherine Mansfield (1888-1923) la piccola Kathleen Mansfield Beauchamp impiegò tutta la sua breve e intensa vita, continuando a usare una miriade di nomi, ognuno dei quali legato a uno stato d’animo, a una relazione, a una percezione dell’essere. Così in Katherine convivevano Kass, Katie, K.M., Mansfield, Katherine, Julian Mark, Katherine Schönfeld, Matilda Berry, Katharina, Katiushka, Kissienka, Elizabeth Stanley e infine Tig, la tigre sposata con John Middleton Murry.
Nata in una famiglia dell’alta borghesia di Wellington (Nuova Zelanda) visse un’infanzia agiata e colma di meraviglia che diventerà forse l’unico centro della sua vita e la fonte stessa dell’ispirazione artistica. L’infanzia sarà trasfigurata, mai declinata al passato, ma sempre raccontata in un eterno presente.
Katherine Mansfield cambiò per sempre la sua vita trasferendosi a Londra ed entrando in contatto con i più grandi di scrittori del tempo. Anzitutto ebbe una amicizia molto importante con la grande scrittrice e leader del Modernismo inglese come Virginia Woolf con cui condivise la casa editrice e che rappresentò la svolta totale nella sua carriera. La Woolf pur definendola di primo acchito “sgradevole, ma energica e totalmente prova di scrupoli” ammirava lo stile della Mansfield. Fu lei infatti da introdurla alla sua case editrice, la Hogarth Press, e commissionarle il famoso racconto “Preludio”
Un altro elemento importante per la vita e la carriera della Mansfield è stato senza dubbio l’incontro con le opere del famoso scrittore russo Anton Cechov. Da qui infatti la Mansfield carpisce tutte le infinite potenzialità e possibilità del racconto attraverso cui trova quello che considera il compito di ogni scrittore, quello di porre domande. A questo si aggiunge il superamento degli stili narrativi degli scrittori inglesi della sua epoca considerati troppo materialisti e poco attenti all’interiorità in favore dell’amore per la letteratura russa.
Ma come fu la vita di Katherine? Di certo una vita dolorosa, solitaria, audace e anti-conformista, segnata dall’esilio e dalla malattia e da un desiderio mai esaudito di un focolare domestico, di una vita da donna come tutte le altre; una vita segnata dalla contraddizione, poliedrica e febbricitante. «Ho sempre avuto una furia isterica di vivere, l’isteria è una grande ispiratrice. Detesto le ore grigie, amo i giorni che passano all’orizzonte come nubi di tempesta».
Morì a soli 35 anni, dopo una vita passata a cercare una terra e una pace che non trovò mai, mangiata dalla febbre di vivere e di scrivere e dalla malattia. Tra le ultime parole che scrisse in russo su un taccuino che sempre l’accompagnava si legge: “carta, cenere, legna”. Così come il ciclo della carta che nasce dal legno e finisce in cenere, Katherine Mansfield brillò nelle sue ultime ore e si spense all’improvviso la sera del 9 gennaio 1923. Al suo funerale c’erano solo il marito, le sorelle, Ida e Orage, il suo primo editore.
L’epitaffio sulla sua tomba è una citazione dall’ Enrico IV di Shakespeare: «Ma io vi dico, mio sciocco signore, che da questa ortica, da questo rischio, cogliamo il fiore della sicurezza».
Lo stile narrativo della Mansfield
Ciò che risalta subito guardando lo stile narrativo della Mansfield sono i personaggi vivi, i dialoghi brillanti e le descrizioni vivaci. Come emerge dal suo famoso racconto “Preludio” e dalle successive raccolte di racconti brevi “Bliss” e “The Garden Party”, l’abilità di questa scrittrice era soprattutto quella di nascondere ma al tempo stesso di rivelare. Ne scaturiva una rottura definitiva con la continuità logica e la convezione narrativa dei suoi primi lavori a vantaggio di una maggiore complessità dei personaggi.
FONTI e APPROFONDIMENTI
– Metropolitan magazine
– L’enciclopedia delle donne