Già nel suo primo romanzo si trova quel motivo della solitudine umana e della conseguente fuga nel mondo dei ricordi e nel sogno, che sarà il filo conduttore di tutta la sua produzione
Figlia unica di Giuseppe e di Leonilda Mazzoncini, nacque a Pistoia il 24 marzo 1896. L’infanzia, piena di paure e malinconica, fu segnata dalla separazione dei genitori: un evento destinato a riflettersi nella sua opera fino all’aperta rievocazione autobiografica dell’ultimo romanzo. La figura del padre si staglia in Ritratto in piedi (Milano 1971) illuminata dall’ideale anarchico per cui rinunciò alla famiglia.
Intellettualmente raffinata, autrice di frammenti lirici e sperimentatrice di forme aperte del testo, Gianna Manzini attraversa il Novecento in un percorso originale e innovativo. Il suo è un percorso originale e innovativo, che si pone al di là delle tendenze letterarie, spesso precorrendo i tempi con tecniche nuove e personalissime
La sua prosa “complicata e un po’ abbagliante” come la definiva già al suo esordio Emilio Cecchi, ha sempre cercato di costruire il racconto secondo angolature e piani diversi; la narrazione assume a volte un ritmo affannoso, preziosismi lessicali e metaforici, e lo stile diventa spesso acrobazia. Giacomo Debenedetti scrisse che “certamente la Manzini è riuscita e riesce a pronunciare parole che, fino all’attimo precedente, avevamo creduto impronunciabili […] in tal modo […] ci può descrivere un visibile che anche noi dovremmo vedere, ma da soli non vedremo mai”.
I suoi due ultimi libri rappresentano per la scrittrice un ritorno doloroso alle origini; il ricordo del padre amatissimo, i sensi di colpa, ripresi dopo un oblio di ben sessant’anni, necessari per sviscerare tutto il suo vissuto: la dolorosa vicenda di un padre ricco che lascia tutto (compresa la famiglia) per inseguire un ideale e un tragico destino, e di una madre ricca borghese, conservatrice e reazionaria, raffigura uno scontro di scelte diverse e inconciliabili.
La sua opera, benché subito apprezzata dalla critica e da grandi intellettuali, è rimasta confinata all’interno di un pubblico ristretto. Oggi sembra che possa finalmente essere illuminata da una nuova rilettura delle sue opere, anche grazie allo straordinario apporto del suo archivio personale, che potrà aprire nuove prospettive di ricerca sui suoi testi.
Già nel suo primo libro di narrativa, Tempo innamorato (1928), si trova quel motivo della solitudine umana e della conseguente fuga nel mondo dei ricordi e nel sogno, che sarà sempre più intensamente modulato nei volumi successivi.
Muore a Roma in solitudine il 31 agosto 1974, pochi mesi dopo la scomparsa del suo compagno di vita Enrico Falqui.
FONTI E APPROFONDIMENTI:
– Enciclopedia Treccani
– Wikipedia
– Fondazione Mondadori
– Dizionario biografico