Ho vissuto la mia infanzia in campagna, i miei gestivano il ristorante di Veleia, e per andare a scuola facevo un sentiero tra i boschi. La scuola, poi, in realtà era una stanza nello scantinato di un altro ristorante distante suppergiù un paio di km (la bellezza di essere 10 bambini di 5 classi diverse ma questa ve la racconterò un’altra volta.)
Quindi con zaino in spalla, mio fratello Matteo e Pepe al mio fianco ogni mattina era come partire per un’avventura. Gli incontri che si facevano erano i più disparati: c’era Mirko, il cagnolino stronzissimo che ci correva dietro alla prima curva, c’era Giacomo con il trattore (che a volte ci dava pure un passaggio), Don Giovanni (che non abbiamo mai scoperto cosa ci facesse lì a quell’ora), e poi, in autunno soprattutto c’erano loro, i ricci. 🦔🦔🦔
Addormentati e lenti, goffi e buffi, sicuramente dolcissimi. Pepe iniziava ad abbaiare per farli correre, mentre io e Matteo facevamo scommesse su chi sarebbe arrivato prima dall’altra parte del sentiero (scommesse serie, eh… potevo perderci la merenda, per dire!)🍔🍔
Ora, a ripensarci, mi sembra un mondo di fiaba, un posto dove rifugiarmi nelle mie giornate “no”
Perché è proprio da quel musino lì che mi è venuta l’ispirazione di creare “Il riccio nelle storie”, un animaletto che possa sempre ispirarti tenerezza e tenere unite le tue, di storie. Fatte di bigliettini, di cartoline ricevute, di lettere arrivate o mai spedite, di vecchie fotografie, di disegni o di semplici appunti… insomma un posto dove rifugiarsi ogni tanto.
PS: Sì… può sembrare che io parli degli inizi del ‘900, ma giuro che non è così: una volta i bambini andavano a scuola da soli, soprattutto in campagna.😉