Quell’anno la primavera aveva cercato in tutti i modi di trattenersi, come intimidita da una sorta di pudore, ma alla fine non ce l’aveva proprio fatta: era esplosa in ogni angolo della città. Nel cortile condominiale il pruno aveva indossato la sua chioma più candida, come se non avesse visto l’ora di tirarla fuori dall’armadio per agghindarsi secondo la moda di stagione.
Le cinciallegre sembravano fargli i complimenti per tanta eleganza, frullando le ali tra i suoi petali nuovi di zecca. Giulio stava come un gatto, acquattato all’angolo del balcone, tra il vaso di gerani rossi e la sedia di plastica sgangherata che, se ti ci sedevi su, ti lasciava sulle gambe delle righe color mirtillo. Aspettava fiducioso: l’appuntamento era, come sempre, alla solita ora. Una manciata di minuti dopo, puntualissima, ecco spuntare la coroncina di strass multicolori di Emma. E, ovviamente, Emma, entrata sulla scena di due metri quadri per tre del balconcino di casa come solo una diva di sei anni può fare. Giulio, incantato come ogni volta da quella apparizione, si affrettò a recuperare il bicchiere di plastica legato alla ringhiera, facendo segno a Emma di fare altrettanto.
Fu così che proprio in quel momento, esattamente alle tre e trentacinque di quel giovedì, al signor Bottazzi – che stava aspettando che Rufus, un cagnetto acciaccato ma molto vivace, decidesse quale angolo del cortile fosse il più adatto alle proprie necessità – spuntò un sorriso dietro alla mascherina, vedendo i due bimbi del primo piano intenti in una conversazione fitta ed incomprensibile, resa possibile da un rudimentale telefono a filo, come si usava ai suoi tempi. La scena lo aveva riportato ai giochi spensierati della sua infanzia e l’aveva trovata talmente poetica (parlare attraverso due bicchieri legati da uno spago nel pieno dell’epoca digitale!) che non si accorse che Rufus, una volta soddisfatte le proprie esigenze, se ne era già andato verso il portone di casa: era un cane acciaccato, sì. Ma anche molto indipendente. Intanto, al primo piano, Giulio ed Emma erano concentrati a fissare i propri coloratissimi orologi da polso. Meno tre, meno due, meno uno: le quattro in punto! Allora balzarono in piedi, corsero ciascuno nella propria cucina per poi recuperare le postazioni sui rispettivi balconi. Emma addentò la sua fetta di pane e Nutella, Giulio fece scoppiare con un “pop!” la confezione di plastica trasparente che avvolgeva la sua brioche al cioccolato: la merenda è sempre buona in compagnia, anche a qualche metro di distanza! Le loro risate cristalline salivano nell’aria luminosa del pomeriggio. Nel frattempo Rufus era di nuovo in cortile, questa volta con la signora Bottazzi: i suoi reni canini negli ultimi tempi avevano più lavoro del solito perché i suoi umani, cosa che trovava bizzarra e inusuale, facevano a gara a portarlo fuori.
Tuttavia Rufus non si scomponeva perché era un cagnetto acciaccato, vivace, indipendente ma anche molto comprensivo.
un racconto di Ottavia Marchiori
che cos’è una #StoriedallaFinestra? un punto di vista fisso ma tutto lo spazio possibile per colori, personaggi e vicende piccole e magari anche dimenticabili. Ma che ci fanno viaggiare con la mente e la fantasia!
CHI RACCOGLIE LA SFIDA E SI METTE IN GIOCO SCRIVENDO UNA #STORIEDALLAFINESTRA?