“corri, presto, dai che sono in ritardo… uffa, ecco ho preso la borsa, il telefono… ma guarda che tempo… ah devo ricordarmi le chiavi di Bookbank che oggi non torno a casa per pranzo… ah anche il libro che serve a Elena, ecco sì… oooh ma dove ho messo le chiavi… ecco qua, odddddio sono le otto-meno-venti devo correre…!!”
Questi i miei pensieri del 2 gennaio, alle otto-meno-venti, mentre chiudo la porta di casa e mi metto in strada per andare in ufficio. Passo i giardinetti – ecco ho dimenticato quel foglio che mi serviva – passo il semaforo – devo comprare il pane che non ce ne sono più – giro l’angolo e … patatrack. Con la grazia fantozziana che da sempre mi distingue scivolo e cado (in maniera scomposta) dal marciapiede, in mezzo alla strada.
E non ci riesco proprio, a rialzarmi.
Mi portano in ospedale (tra l’altro è una cliente Bookbank, mi aveva chiesto Kafka sulla spiaggia di Murakami, ora che mi ricordo) e inizia il tempo lento. Dell’attesa prima, della guarigione dopo.
La prima settimana è stata deprimente. Sul divano a frignare con una gamba ingessata, a pensare a tutti gli appuntamenti persi e a tutte quelle cose che dovevo fare di corsa e.
Poi il tempo lento diventa una risorsa, iniziano a frullarmi idee in testa: nuovi video dedicati agli autori, il nuovo sito, giochi da fare in BB, recensione libri, gli appuntamenti al buio e… leggere tanto.
Ma non solo. Questo tempo lento e la mia forzata “clausura in casa” si trasforma nel tempo per gli amici: organizzano aperitivi (e portano tutto loro), pizzate, chiacchiere e torte davanti ad una tazza di tè. E questo tempo lento si trasforma in coccole famigliari dai miei genitori, in pensieri belli davanti al mare mentre mio padre scruta l’orizzonte con il cannocchiale e mia mamma sferruzza a maglia.
A volte ci vuole uno STOP, per riscoprire quanto perdiamo, a correre sempre…
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